E’ dal 2008 che viaggio con il mio mezzo, perciò non è che sia proprio un novellino, ma ogni volta che leggo i cartelli stradali è sempre un brivido lungo la schiena! Gradualmente sono passato da quelli francesi, spagnoli e portoghesi a quelli dei paesi della ex Jugoslavia, per arrivare poi a quelli bulgari, turchi e infine georgiani e armeni lo scorso anno. Ma è stato tre anni fa nei pressi di Van, in Turchia, quando ho visto per la prima volta il cartello giallo Iran che mi sono detto “Prima o poi ci vado”… Come lo scorso anno del resto nei pressi di Tbilisi, capitale della Georgia e a Yerevan, capitale dell’Armenia, dove il cartello Tehran ha sempre dominato sugli altri nella mia mente, nonostante il fascino dei caratteri georgiani e armeni!
La molla finale è stata l’incontro con un camionista iraniano alla dogana turca di Posof lo scorso luglio al rientro dall’Armenia e dalla Georgia: un uomo sulla cinquantina dall’aspetto semplice, vestito come un Italiano degli anni ’50 (sembrava uscito dal film di De Sica “Ladri di biciclette”) e con un modo di fare pacato che al mio cenno di saluto con la testa risponde altrettanto, con la differenza che in più mi fa passare avanti nella fila per l’ultimo timbro sul passaporto! E’ lì che sono stato conquistato, devo assolutamente entrare in contatto con questo popolo e toccare con mano la sua ospitalità e poter ammirare la bellezza della Persia, come viene chiamata qui in Italia se non si vuole spaventare l’interlocutore con quella brutta parola… Quell’11 luglio e fino al rientro sulla soglia di casa il 23, dodici giorni dopo, in testa ripetevo a me stesso solo una frase “L’anno prossimo sarà Iran!”.